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348 pensieri (3372-3373)

loro seno. Ma la Grecia contuttociò non parlò mai né scrisse latino, ed ora non parla né scrive che greco. Ed essa era pur la parte piú civile d’Europa, non esclusa la stessa Roma, al contrario appunto della Germania. Sicché da opposte, ma analoghe e corrispondenti e ragguagliate e proporzionate cagioni, nacque lo stesso effetto.


     Tutto ciò che ho detto dell’Inghilterra si rettifichi consultando gli storici, e quello che altrove ho scritto circa l’uso della lingua latina in quel paese e nella Scozia e nell’Irlanda (6 settembre 1823).


*    Dialetti della lingua latina. Vedi Cicerone pro Archia poeta, c. X, fine, dove parla de’ poeti di Cordova pingue quiddam sonantibus atque peregrinum. Non avevano certamente questi poeti scritto nella lingua indigena di Spagna, che i romani mai non intesero, siccome niun’altro idioma forestiero, eccetto il greco; ma in un latino che sentiva di spagnolismo, come quel di Livio parve  (3373) sapere di patavinità. E le parole di Cicerone, chi ben le consideri anche in se stesse, non possono significare altro. Perocché era fuor di luogo la nota di peregrino se si fosse trattato di una lingua forestiera, che non in parte, o per qualche qualità, ma tutta è peregrina: né questo in lei sarebbe stato difetto, e volendolo considerar come tale, soverchiamente leggiera e sproporzionata sarebbe stata quella semplice espressione che la lingua e lo stile di quei poeti sapeva di forestiero. Oltreché l’una e l’altro sarebbero stati barbari, e per le orecchie romane affatto strani, rozzi, insolenti, insopportabili, non cosí solamente macchiati d’un non so che di pingue e di peregrino. Era in Cordova introdotta già (siccome in altre parti della Spagna già soggiogata, perché quella provincia non fu sottomessa che a poco a poco, e con grandissimo inter-