passaggio da’ contrarii ne’ contrarii. Oltre che, astraendo pure dal subitaneo, l’allegro nuoce al passionato, spegne o raffredda la passione negli animi degli uditori, contrasta bruttamente con quello che precedette; l’effetto dell’una parte della melodia nuoce, contrasta, distrugge quello dell’altra; è inverisimile che un malinconico parli in tuono allegro, un passionato in tuono dissipato, e si abbandoni al gaio, allo scherzevole, all’insouciant, al pazzeggiare ec. ec. Nondimeno l’assuefazione che chiunque ha udito musica, deve tra noi aver fatto a questi tali passaggi, ce li fa parer convenientissimi, ce li fa aspettare come naturali, come richiesti dalla melodia ec. precedente, come dovuti, come proprii assolutamente della composizione musicale; fa che il nostro orecchio li richiegga come spontaneamente e naturalmente (e cosí è infatti, perché l’assuefazione è seconda natura); anzi, mancando essi, ci fa considerar questa mancanza come sconvenienza; fa che il nostro orecchio desideri alcuna cosa, non resti soddisfatto, anzi resti come choqué e révolté della mancanza, deluso spiacevolmente dell’aspettativa; insomma fa che tal mancamento (3365) produca il senso e il giudizio dell’imperfetto, del mutilo, del disavvenevole, e quindi del disaggradevole, e quindi del brutto musicale.1 (5 settembre 1823). Dunque l’idea del contrario, del brutto, cioè del bello e della convenienza musicale, dipende ed è determinata dall’assuefazione, tanto che se questa è, non solo non naturale, ma contraria alla natura, anche quel bello e quella convenienza, cioè l’idea che noi n’abbiamo, è, non solo oltre natura e non fondata sulla natura, né prodotta dalla natura, ma contro natura (6 settembre 1823).
- ↑ Il detto passaggio è direttamente contrario all’imitazione, che dev’essere l’immediato scopo e l’ufficio della musica, come dell’altre belle arti e della poesia, che dovrebb’essere inseparabile dalla musica (e cosí viceversa), e tutt’una cosa con essa ec. Di ciò dico altrove.