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314 pensieri (3317-3318)

zioned’esse leggi; perché temono il castigo, la riprensione, il biasimo pubblico, si lasciano imporre dall’apparenza dell’opinione universale, la quale opinione mostra di stimare o di non molestare né denigrare i buoni, e di odiare e biasimare i cattivi ec.; perché non hanno spirito d’aspirare a cose straordinarie, né di procacciarsi o beni o piaceri, né di avanzare il loro stato ec., col subire qualche, ancorché minimo, pericolo, col combattere qualche ostacolo ec., né di nulla tentare fuor del consueto e dell’ordine, e nulla rischiare ec. Questi tali, benché incapaci di far male o torto (volontariamente) ad alcuno, o d’offendere altrui in verun modo, di soverchiare ec., sono grandissimi egoisti, chiusi alla compassione, ignari della beneficenza. Sono altri ch’esercitano ed amano al modo stesso la giustizia, non per virtú, né anche per viltà, ma perché stanchi e disingannati del mondo, e nulla piú curandosi di quanto si possa acquistare o coll’ingiustizia o comunque, non cercano piú che la pace, la quale non si trova fuor dell’ordine, e però sono amici dell’ordine. Questi ancora sono per lo piú egoisti o nati o divenuti (1 settembre 1823).


*    Italianismi nell’uso della voce unus. Vedi Svetonio, in Iul. Caes., cap. XXXII, § 1 e quivi il Pitisco ec. col Forcellini ec. (1 settembre 1823).  (3318)


*   Un francese, un inglese, un tedesco che ha coltivato il suo ingegno, e che si trova in istato di pensare, non ha che a scrivere. Egli trova una lingua nazionale moderna già formata, stabilita e perfetta, imparata la quale ei non ha che a servirsene. Né dal principio della loro letteratura in poi è stato mai bisogno ad alcuno scrittore di queste nazioni, qual ch’ei si fosse, il formarsi una lingua moderna, cioè tale che, volendo scrivere, come ognun deve, alla moderna, ei potesse col di lei mezzo esprimere i suoi concetti in