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(3286-3287) pensieri 295

della lingua, ma frequentissime, ordinarie, usitate, abituali, e regolari, ossia fatte per regola, come apparisce dal gran numero di temi e verbi che si trovano alterati in questo o quello de’ suddetti modi e degli altri che si potrebbero dire; onde i grammatici distinguono siffatte alterazioni o modificazioni affatto materiali in molti diversi generi, e sotto ciascun genere radunano un gran numero di verbi o temi, in quella tal guisa uniformemente alterati dal primo loro essere. Questa tal sorta di alterazione, questo modo di alterare le voci, indipendente e diverso affatto dal derivare e dal comporre, e del tutto scompagnato dalla mutazione o pur modificazione di senso, non si trova punto nel latino; certo non vi si trova per costume né per regola né d’assai cosí frequente, né cosí vario ec. Perloché anche di qui si faccia ragione quanto piú nel greco che nel latino sia difficile il rintracciare le origini, l’antichità, il primitivo o l’antico stato delle voci e della lingua e della  (3287) grammatica, le radici, l’etimologie ec. Massime considerando che detta materialissima alterazione si fa non mica in uno o in due, ma in molti diversissimi modi, tutti però frequentatissimi e usitatissimi; che moltissimi verbi o vocaboli cosí alterati hanno mandato in disuso i non alterati ec., che naturalmente moltissimi verbi cosí alterati, essendo perduti quelli della primitiva forma, saranno da noi creduti aver la forma primitiva, e pigliati per radici, quando non saranno che alterazioni di queste, piú o men lontane, mediate o immediate, maggiori o minori ec. ec.

Usa ancora la lingua greca alcune derivazioni di voci, per esempio di verbi, che nulla però cambiano il significato, e il non cambiarlo non è in esse anomalia, o cosa non ordinaria, come lo sarebbe in latino, ma ordinaria e regolare. Voglio dir, per esempio, di quella maniera siracusana di formare dal perfetto de’ temi un nuovo verbo, come da τέθνηκα di θνάω