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pensieri |
(3258-3259-3260) |
qualità indispensabilmente richieggonsi ad una, ancorché non assoluta o stretta, universalità durevole di una lingua. Ora una lingua cosí formata e costituita, e di tali qualità in sommo grado (come a una lingua strettamente universale si ricercherebbe) fornita, a pochissimo andare, per cagione di queste medesime qualità, si corromperebbe e traviserebbe (3259) in modo che piú non sarebbe quella; come altrove ho dimostrato di tali lingue non libere, coll’esempio (fra l’altre cose) della latina, la quale, siccome ogni altra, quantunque servilissima, che si conosca, fu ed è ben lontana dall’avere queste qualità in sommo grado, come si richiederebbe di necessità ad una lingua che avesse ad essere strettamente e durabilmente universale. Cosí quelle medesime condizioni che da una parte cagionerebbono, e in modo che senza esse non potrebbe stare, la propria, o vogliam dire esatta e durevole universalità di una lingua; d’altra parte, e nel tempo stesso, per propria natura loro, rendono assolutamente inevitabile e inevitabilmente prontissima una totale corruzione e mutazione della lingua medesima. Onde né senza esse la stretta universalità di una lingua può stare, né qualsivoglia universalità durare, come si è altrove provato; e parimente con esse non può durare né la stretta universalità né il proprio stato di una lingua. Perocchè, quanto al proprio stato, è evidente che una lingua di necessità corrompendosi e cangiandosi (3260) del tutto, di necessità lo perde, cioè perde la sua forma, proprietà, carattere e natura. E quanto alla stretta universalità, dato ancora che una lingua corrompendosi appo una sola nazione, si corrompesse ugualmente, di modo ch’ella quantunque mutata da quella prima, fosse pur sempre una sola in essa nazione, e a tutta comune; egli è fisicamente impossibile a seguire e assurdo a supporre che una medesima lingua, corrompendosi appo molte e diversissime nazioni e cambiandosi affatto da quella di prima, pur corrom-