Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
250 | pensieri | (3213-3214-3215) |
stri,>e diverso similmente il piacere. E cosí è infatti nella Cina, dove e il popolo (che dappertutto, dovunque esiste una musica, avrebbe giudicato nello stesso modo) e gl’intendenti (il che non potrebbe avvenire nelle nazioni barbare che non hanno teoria musicale (3214) sufficientemente distinta per principii e regole, e ordinata e compiuta, come l’hanno i cinesi), giudicarono espressamente piú bella la loro musica che l’europea, la quale i nostri, favoriti in ciò espressamente da un loro imperatore, volevano introdurvi, insieme colle nostre teorie. E ciò furono, se ben mi ricorda, i Gesuiti.
Ho detto in principio che la melodia nella musica non è determinata se non dall’assuefazione o da leggi arbitrarie. Delle melodie determinate dall’assuefazione, e che per ciò sono melodie, perché quelle tali successioni di tuoni convengono con quelle che gli orecchi sono assuefatti a udire, ho discorso fin qui. Le melodie determinate da leggi arbitrarie sono quelle che il popolo e i non intendenti non gustano, se non se nel modo specificato di sopra, senza né conoscere né sentire ch’elle sieno melodie, cioè che quei tuoni cosí succedendosi e intrecciandosi e alternandosi, armonizzino, cioè convengano, tra loro; quelle che pel popolo e per li non intendenti, non sono infatti melodie, ma solo per gl’intendenti; quelle che gl’intendenti soli gustano in virtú del giudizio, quali sono infiniti altri diletti umani (vedi Montesquieu, Essai sur le goût. De la sensibilité, p. 392), massime nelle arti; quelle che non (3215) sono melodie se non perché ed in quanto corrispondono alle regole circa la successiva combinazione de’ tuoni, consegnate in una scienza o arte, non dettata dalla natura ma dalla matematica, universale e universalmente riconosciuta in Europa, come lo sono tutte le altre arti e scienze in questa parte del mondo legata insieme dal commercio e da una medesima civiltà ch’ella stessa si è fabbricata e comuni-