simi,> perché fatti da tuoni a tuoni troppo lontani o da corde a corde troppo distanti), e insomma da cento qualità (per cosí dire estrinseche) della nostra musica, che nulla hanno a fare colla rispettiva scambievole armonia o convenienza de’ tuoni nella lor successione, cioè colla melodia e col senso e gusto della medesima, che né i turchi né gli altri barbari, udendo la nostra musica, non provano punto mai. La qual cosa appunto, salva però la proporzione, accade ai non intendenti di musica e al popolo fra noi, quando egli odono, come tutto dí avviene, di quelle melodie che nulla o troppo poco hanno del popolare. Niun diletto ne provano, se non quello, per cosí dire, estrinseco, che di sopra ho descritto, e che nasce dalle qualità della musica, diverse e indipendenti dall’armonia de’ tuoni nella successione. Di queste non popolari melodie, che sono la piú gran parte della nostra musica, parlerò poco sotto. E per conchiudere il discorso de’ barbari e delle nazioni che hanno circa la musica idee e gusti e sentimenti affatto diversi da’ nostri, dico che in essi, siccome (3213) fra noi, le assuefazioni determinano quali sieno le successive collegazioni de’ tuoni che sieno tenute per melodie, e le assuefazioni cagionano, siccome fra noi, il senso e il piacere d’esse melodie, quando elle sono udite. E questo, se in essi popoli non v’ha teoria musicale, accade a tutta la nazione. Se alcun d’essi popoli ha teoria musicale, come l’hanno i cinesi, diversa però dalla nostra, gl’intendenti fra loro hanno altra cagione che determina il loro giudizio e produce in loro il diletto circa le melodie; e questa cagione si è, come nei nostri intendenti, la conformità di quelle cotali successioni de’ tuoni co’ principii e i canoni della loro teoria o arte o scienza musicale, i quali principii e canoni essendo diversi da’ nostri, diverso eziandio dev’essere il giudizio di quegl’intendenti circa le varie, o nazionali o forestiere, melodie, da quello de’ no-