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248 pensieri (3210-3211-3212)

o affini agli elementi o membri (μέλη) che comporranno essa melodia, ovvero a quello che si chiama il motivo.


     E di qui, e non d’altronde, nasce la diversità de’ gusti musicali ne’ diversi popoli. Dico ne’ popoli, e non dico negl’intendenti, i quali avendo tutti un’arte uniforme, distinta in regole, universalmente abbracciata e riconosciuta, co’ suoi principii fissi e invariabili e universali, siccome quelli di qualsivoglia altra scienza che tale è in Italia quale in Polonia, in Portogallo, in Isvezia; nel giudicare di una melodia musicale non mirano all’orecchio, ma alle regole e a’ principii ch’essi hanno nella loro arte o scienza, cioè nel contrappunto; ed essendo esse regole e principii dappertutto gli stessi e dappertutto ugualmente riconosciuti, i giudizi che i diversi intendenti pronunziano non possono grandemente  (3211) disconvenire gli uni dagli altri, e tanto meno quanto essi piú sono intendenti. Ma non cosí de’ popoli e de’ non intendenti, i quali non hanno altra regola e canone che l’orecchio, e questo non ha altri principii che le sue proprie assuefazioni, e non già alcuni dettati e infusi universalmente dalla natura, come si crede. E però le nostre melodie non paiono pur melodie a’ turchi, a’ Cinesi né ad altri barbari, o diversamente da noi, civili. Che se questi pure alcuna volta se ne dilettano, il diletto non nasce in loro dalla melodia, cioè dal senso della successiva armonia de’ tuoni, la quale essi non sentono né comprendono, posto pur ch’ella fusse tra noi l’una delle piú popolari; ma nasce da puri suoni per se, e dalla delicatezza, facilità, rapidità, volubilità del loro succedersi, mescolarsi, alternarsi (sia nella voce o in istrumenti), dalla dolcezza delle voci o degl’istrumenti, dal sonoro, dal penetrante e da simili qualità de’ medesimi, dalla soavità eziandio de’ rapporti rispettivi d’un tuono coll’altro in quanto alla facilità e alla delicatezza del passaggio da questo a quello (laddove i passaggi nelle  (3212) musiche de’ barbari sono aspris-