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(3081-3082-3083) | pensieri | 175 |
covii participii lectus, rectus, tectus, che da prima furono legitus ec. e poi contratti mutarono il g in c. Resta dunque piú che probabile che anche quei perfetti si pronunziassero col c, recsi, tecsi malgrado (3082) la loro derivazione grammaticale e quindi è altrettanto probabile che qualora nell’x doveva esservi il g, passasse in c, giacché non v’é niuna ragione di piú perch’ei dovesse far questo passaggio ne’ detti perfetti che in qualunqu’altra voce (1 agosto, dí del Perdono, 1823).
* È cosa dimostrata e dalla ragione e dall’esperienza, dalle storie tutte, e dalla cognizione dell’uomo, che qualunque società, e piú le civili, e massime le piú civili, tendono continuamente a cadere nella monarchia, e presto o tardi, qualunque sia la loro politica costituzione, vi cadono inevitabilmente, e quando anche ne risorgono, poco dura il risorgimento e poco giova, e che insomma nella società non havvi né vi può avere stato politico durabile se non il monarchico assoluto. È altrettanto dimostrato, e colle medesime prove, che la monarchia assoluta, qual ch’ella sia ne’ suoi principii, qual ch’ella per effimere circostanze possa di quando in quando tornare ad essere per pochi momenti, tende sempre e cade quasi subito e irreparabilmente nel despotismo; perché stante (3083) la natura dell’uomo, anzi d’ogni vivente, è quasi fisicamente impossibile che chi ha potere assoluto sopra i suoi simili, non ne abusi; vale a dire, è impossibile che non se ne serva piú per se che per gli altri, anzi non trascuri affatto gli altri per curarsi solamente di se, il che è né piú né meno la sostanza e la natura del despotismo, e il contrario appunto di quello che dovrebb’essere e mai non fu né sarà né può essere la vera e buona monarchia, ente di ragione e immaginario. Ora egli è parimente certo, almeno lo fu per gli antichi, e lo è per tutti i savi moderni, che