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nunziavano, per esempio, l’y come u gallico ec. (sebbene anch’essi da’ tempi di Cicerone in poi peccarono un poco nella servile imitazione della scrittura greca circa le parole venute o nuovamente prese dal greco). E vedi Desbillons, ad Phaedr., Manheim, 1786, p. LXVIII. Che se le voci naturalizzate in una lingua, e mutate affatto dal loro primo stato per la pronunzia della nazione, s’avessero sempre a scrivere nel modo in cui le scrivevano o le scrivono quei popoli, ancorché lontanissimi e diversissimi, onde a noi vennero, e se la scrittura originale s’avesse sempre a conservare in ciascuna voce, cangiata o non cangiata dal tempo, dal luogo, e dalla diversa nazione e lingua, e se il pregio, di un’ortografia consistesse nel conservare le forme originali di ciascuna voce per forestiera ch’ella fosse, non so perché le voci venute dal greco non si debbano scrivere con lettere greche, e l’ebraiche e le arabiche con lettere e punti ebraici ed arabici, e le tedesche con lettere tedesche. Giacché usando diverso alfabeto la scrittura originale si può imitare, ma non perfettamente conservare. E cosí dovremmo imparare e usare cento alfabeti per saper leggere e scrivere la nostra lingua.  (3057) Veramente nessuna nazione in questa parte è cosí savia, e niuna scrittura cosí vera, perfetta e filosofica come l’italiana. Gli antichi greci se le potrebbero paragonare, se non che poche voci forestiere li ponevano in pericolo di guastar la loro ortografia (27 luglio 1823).


*    Condiscendere, condiscendenza, condecender o condescender, condescendre, condescendance ec. vengono dal greco. Συγκατάβασις per condiscendenza è in S. Giovanni Crisostomo nel Sermone, Quod nemo laedatur nisi a seipso. Ὅτι τὸν ἑαυτὸν μὴ ἀδικοῦντα οὐδεὶς παραβλάψαι δύναται, che incomincia Οἶδα μὲν ὅτι τοῖς παχυτέροις, cap. XI, Opp. Chrysost., ed. Montfaucon, t. III, p. 457, B. Vedi i glossari latino e greco. Vedi p. 3071.