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122 | pensieri | (2994-2995-2996) |
sivi, quaesitus, quaesitum per quaerii, quaerivi, quaeritus, quaeritum che sono affatto perduti, cosí dissero quaeso per quaero, e tutto questo verbo profferirono colla s siccome colla r, benché questa in molte voci di quaero non sia perduta, anzi col tempo sia rimasta in esse voci la sola pronunzia della r e non quella dell’s. Dalle quali cose è seguíto che di quaero e quaeso si facciano dai lessicografi ec. due verbi, essendo un solo, e che quaero si faccia anomalo (quaero is, sii o sivi, situm), e quaeso difettivo (quaeso is, ii o ivi), quando in realtà il primo (volendoli distinguere, che non si dee) sarebbe difettivo, e il secondo intero e regolarissimo. Ma tornando al proposito, questo quaeso mi persuade che si dicesse anche haeseo, hausio e cosí in ogni altra voce; e cosí pure in molti altri verbi de’ quali si dee discorrere nel (2995) modo stesso che si è fatto di uro, haereo, haurio, quaero (19 luglio 1823).
* Alla p. 2893. Chiedere vien da quaerere ed è propriamente (benché con diverso significato) lo stesso che il nostro chierere, siccome fedire verbo difettivo italiano, onde fiedo, fiede ec. vien dal latino ferire, ed è propriamente lo stesso che il nostro fierere o ferere, onde fiéro, fiére, fére (colla e larga) ec. usato dagli antichi nostri in alcune voci in cambio dell’italiano ferire. Vedi la Crusca e il Buommattei ec. (20 luglio 1823).
* Alla p. 2891. Il Fischer nella prefazione alla grammatica greca del Weller, edizione Lipsia, 1756, dice che i pleonasmi d’Omero derivano dalla lingua ebraica. Che che sia di questa proposizione, certo è che quel pleonasmo di νόστιμον ημαρ e simili, da me notato altrove, e non osservato dal Fischer, può servire a spiegar molti passi della Scrittura nei quali la parola giorno non serve che ad una perifrasi, onde (2996) per esempio, in die irae tuae, non vale altro