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36 pensieri (2068-2069)



*    Del resto le sopraddette considerazioni provano che, mentre la lingua francese (come fu la latina) la letteratura e i costumi francesi sono nemici della novità per natura, giacché escludono l’originalità ed esigono l’uniformità, nondimeno, e per ciò stesso, detta lingua (come la latina), letteratura e costumi sono piú soggetti di qualunque altro alla novità e mutabili fino all’ultimo grado, come abbiam veduto nel fatto quanto alla lingua latina e come vediamo parimente in tutto ciò che spetta alla nazione francese, la piú mutabile delle esistenti (nel carattere generale come nell’individuale e in questi come in tutto il resto) e continua maestra e fonte di novità alle altre nazioni cólte. Cosí che v’ha una contraddizione essenziale nella natura di essa nazione, lingua, letteratura ec., ossia un principio elementare che necessariamente produce due  (2069) contrarii effetti. Fonte inevitabile d’inconvenienti, di corruzione, d’istabilità ec. (7 novembre 1821).


*    Alla p. 1126, margine. Quanto sia vero che il v è stato sempre, per natura della pronunzia umana, almeno ne’ nostri climi, o considerato o confuso con una aspirazione, e questa lieve, si può vedere nella lingua italiana che spesso lo ha tolto via affatto o dalle parole derivate dal latino o da altre. E in quelle stesse dove lo ha conservato, la pronunzia volgare spessissimo lo sopprime e spesso anche la scrittura, come nella parola nativo dal latino nativus, che noi scriviamo indifferentemente natío, ed in molte altre simili, latine o no, che o si scrivono indifferentemente in ambo i modi o sempre senza il v che prima avevano, come restío, che certo da prima si disse restivo o restivus, Giulío per giulivo, Poliziano, l. I, stanza 6.a v.4. Bevo, beo, bee ec. Devo, deve, deo, dee ec. Vedi le grammatiche e fra gli altri il Corticelli. Paone, pavone ec. Viceversa il popolo molte volte, in queste