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(2799-2800) | pensieri | 439 |
fine ch’ella procurasse sommo e pieno e perfetto piacere? E in verità quanto alle opere di letteratura, tutte le sopraddette cose, e la conseguenza che io ne traggo, sussistono a tutto rigore. Veggasi la p. 3673-5. (19 giugno 1823).
* Τοὶ δὲ Σκύθαι καλὸν νομίζοντι, ὃς ἄνδρα κτανών, ἐκδείρας τὰν κεφαλὰν, τό μεν κόμιον πρὸ τοῦ ἵππου φορεῖ, τὸ δ´ὀστέον χρυσώσας καὶ ὠργυρώσας, πίνει ἐξ αὐτοῦ καὶ σπένδει τοῖς θεοῖς· ἐν δὲ τοῖς ἕλλασιν οὐδέ κ´ἐς τὰν αὐτὰν οἰκίαν σθνεισελθεῖν βούλοιτ´ἄν τις τοιαῦτα ποιήσαντι. Scythis quidem honestum, ut cum quis hominem occiderit, capitis cute divulsa, partem crinitam ante equum gestet, osseam vero auro vel argento obducens, ex illa bibat. Diisque ipsis libamina fundat. Graecorum autem nullus easdem aedes ingredi vellet una cum viro, qui tale quid fecerit (ex versione Io Northi). (2800) Scrittore incerto di alcune διαλέξεις in dialetto dorico, che si trovano sovente nei codici appiè de’ libri di Sesto Empirico, e furono pubblicate da Errico Stefano tra i frammenti de’ Pitagorici, e dal Fabricio, Bibliotheca Graeca, edit. vet, vol. XII, p. 617-35, lib. VI, cap. 7, § 6. Il Fabricio le chiama Disputationes Antiscepticæ, ma in verità sono anzi esercitazioni scettiche in ciascuna delle quali si sostiene il pro e il contra, e questo vuol dire il titolo ch’é premesso a queste διαλέξεις nel Codice Cizense, e riferito dal Fabricio, p. 617, nel qual titolo queste διαλέξεις sono chiamate ὑπομνήματα πρὁς ἀντίῤῥησιν. Il soprascritto passo è nella seconda διάλεξις, intitolata περὶ καλῶ καὶ αἰσχρῶ, ap. Fabricio, l. c., p. 622 (21 giugno 1823).