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(2744-2745-2746) pensieri 409

della scrittura, e quindi impicciolendosi e affrettandosi sommamente le forme dei caratteri,  (2745) si moltiplicarono anche a dismisura i nessi, le abbreviature ec. d’ogni genere (delle quali gli antichi erano stati parchissimi, e alle quali anche poco si prestava la forma del loro carattere); di modo che non v’é quasi codice o greco o latino di quelle età che non offra nuove differenze di legature e abbreviature ec. Ma oltreché la stessa moltitudine e varietà loro impediva che questi tali caratteri doppi o tripli o quadrupli ec. non fossero ricevuti nell’alfabeto; esisteva già la grammatica e le regole ortografiche, e gli alfabeti delle rispettive lingue erano da sí gran tempo, per sí lungo uso, e sí pienamente determinati, fissati e circoscritti, che non davano piú luogo nemmeno ai nessi piú costantemente e universalmente, e con piú certa significazione adottati in quei tempi.

Se non che forse negli alfabeti delle  (2746) lingue che si formarono dopo i detti tempi, e massimamente delle settentrionali, rimase alcun vestigio di quel barbaro uso de’ caratteri composti, il quale è probabilmente l’origine del w, del ç ec.


     Negli alfabeti orientali, settentrionali antichi ec. (alcuni de’ quali abbondano perciò strabocchevolmente di caratteri, impropriamente chiamati lettere da’ nostri, come il sascrito che n’ha piú di 50) si trovano moltissimi caratteri rappresentanti due, tre, quattro o anche piú suoni elementari unitamente. I quali caratteri non si debbono creder sincroni all’invenzione o adozione di quegli alfabeti, ma nati dalla fretta e dal comodo degli scrivani come nessi, e ricevuti poi facilmente come caratteri semplici (benché cosí numerosi) negli alfabeti di lingue le cui grammatiche e regole ortografiche o non esistono o nacquero tardi o non sono abbastanza fisse, ferme, certe, stabilite, invariabili, o abbastanza precise, minute, determinate, esatte, particolari, distinte, o abbastanza note e adot-