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338 pensieri (2617-2618-2619)

tafisici, computando anche i soli moderni, quanti non ne hanno le altre nazioni tutte insieme, computando i moderni e gli antichi; e bench’ella sia profondissima d’intelletto per natura e per abito. Di piú i letterati tedeschi hanno appunto in sommo grado quello che si richiede al filosofo per non esser sognatore e per non discostarsi dal vero andandone in cerca: il che i filosofi delle altre nazioni non sogliono avere. Vale a dir che i tedeschi hanno un sapere immenso, una cognizione quasi (s’egli è possibile) intera e perfetta di tutte le cose che sono e che furono. Ed essendo essi cosí padroni della realtà per forza del loro studio, e gli altri letterati essendo cosí poco padroni de’ fatti, è veramente maraviglioso, come certissimo, che,  (2618) laddove l’altre nazioni oramai tutte filosofano anche poetando, i tedeschi poetano filosofando. E si può dir con verità che il menomo e il piú superficiale de’ filosofi francesi (cosí leggieri e volages per natura e per abito) conosce meglio l’uomo effettivo e la realtà delle cose, di quel che faccia il maggiore e il piú profondo de’ filosofi tedeschi (nazione sí riflessiva). Anzi la stessa profondità nuoce loro: e il filosofo tedesco tanto piú s’allontana dal vero, quanto piú si profonda o s’inalza; all’opposto di ciò che interviene a tutti gli altri (29 agosto 1822). I tedeschi incontrano molto meglio e molto piú spesso nel vero quando scherzano o quando parlano con una certa leggerezza e guardando le cose in superficie, che quando ragionano: e questo o quel romanzo di Wieland contiene un maggior numero di verità solide o nuove o nuovamente dedotte o nuovamente considerate, sviluppate ed espresse, anche di genere astratto, che non ne contiene la Critica della ragione di Kant (30 agosto 1822). Vedi l’abbozzo del mio discorso sopra i costumi presenti degl’italiani.  (2619) È curioso l’osservare come l’universalità sia