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268 | pensieri | (2484-2485) |
* I francesi non hanno poesia che non sia prosaica e non hanno oramai prosa che non sia poetica. Il che, confondendo due linguaggi distintissimi per natura loro, e tutti due proprii dell’uomo per natura sua, nuoce essenzialmente all’espressione de’ nostri pensieri e contrasta alla natura dello spirito umano: il quale non parla mai poeticamente quando ragiona coll’animo riposato ec., come par che sieno obbligati di fare i francesi, se vogliono scrivere in prosa che sia per loro elegante e spiritosa ed ornata ec. (19 giugno 1822).
* Quanto sia vero che i talenti in gran parte son opera delle circostanze, vedasi che ne’ paesi piccoli è infinitamente maggiore che ne’ grandi il numero delle persone di grado agiato e comodo e (negli altri luoghi) cólto e civile, che non hanno il senso comune e da’ quali non si può fidare l’esecuzione o il maneggio del menomo affare ec. Lo stesso dico proporzionatamente delle città meno grandi rispetto alle piú grandi, delle meno cólte e socievoli rispetto alle piú cólte, delle capitali dove tutti son obbligati (2485) a conversare, a trattar negozi ec., rispetto alle città di provincia ec. (19 giugno 1822).
* Alla p. 2402. Qualunque inferiorità o svantaggio abbia un uomo o rispetto agli altri o rispetto a qualcuno in particolare, l’unico rimedio è dissimularlo arditamente, costantemente e ostinatamente. E questo è ancora l’unico mezzo, se lo svantaggio e il male è compassionevole, e se pur si trova in alcuno la compassione, d’esserne compatito. Chi lo confessa per qualunque cagione, o perché creda non poterlo dissimulare (ch’é falso, ancor che sia visibile o notissimo o in qualunque guisa manifesto), o per altro, e con ciò crede di guadagnar compassione e pensa che, negandolo o procurando di nasconderlo e