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(2475-2476) | pensieri | 263 |
latino, e in un luogo che dovea necessariamente esser de’ piú nobili, cioè nel principio e invocazione delle Georgiche (l. I, v. 37): Nec tibi regnandi veniat tam dira cupido, Né ti venga sí brutta voglia di regnare, cioè nell’inferno. Vedi il Forcellini e il glossario se hanno niente al proposito (14 giugno 1822).
* Dell’antica fratellanza della lingua greca colla latina, ossia della comune origine d’ambedue, e come in principio l’una non differisse dall’altra, ma fossero in Italia e in Grecia una lingua sola, vedi un bel luogo di Festo portato dal Forcellini. Vedi Graecus, in fine (14 giugno 1822).
* Chi negherà che l’arte del comporre non sia oggi e infinitamente meglio e piú chiaramente e distintamente considerata, svolta, esposta, conosciuta, dichiarata in tutti i suoi principii, eziandio piú intimi, e infinitamente piú divulgata fra gli uomini e piú nelle mani degli studiosi, e aiutata oltracciò di molto maggior quantità di esempi e modelli, che non era presso gli antichi? e massime presso quegli antichi e in quei secoli ne’ quali meglio e piú perfettamente e immortalmente si scrisse? Eppure (2476) dove è oggi in qualsivoglia nazione o lingua, non dico un Cicerone (quell’eterno e supremo modello d’ogni possibile perfezione in ogni genere di prosa), non dico un Tito Livio, ma uno scrittore che nella lingua e nel gener suo abbia tanto valore, quanto n’ha qualunque non degli ottimi, ma pur de’ buoni scrittori greci o latini? E dov’é poi un numero di scrittori, non dico ottimi, ma buoni, uguale a quello che n’hanno i greci e i latini? Trovatemelo, se potete, ponendo insieme tutti i migliori scrittori di tutte le nazioni letterate, dal risorgimento delle lettere sino a oggidí. E dico buoni precisamente in quel che spetta all’arte del comporre, e del saper dire una cosa e trattare un argomento con tutta la perfezione di quest’arte. Dico