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pensieri |
(2456-2457-2458) |
sospireranno eternamente e necessariamente tutti gli esseri viventi. E li considera come male effettivamente, perciocché non si può negare che queste tali cose non sieno molto pericolose all’anima e che le loro contrarie, come la bruttezza ec., non liberino da infinite occasioni di peccare. E perciò quelli che fanno professione di devoti chiamano fortunati i brutti ec. e considerano la bruttezza ec. come un bene dell’uomo, una fortuna della società e come una condizione, una qualità, una (2457) sorte desiderabilissima in questa vita. Similmente dico della prosperità, la quale rende naturalmente superbi, confidenti in se stessi e nelle cose e quindi distratti e poco adattati all’abito di riflettere, ch’é necessarissimo alla cura della salute eterna, e dà molto attaccamento alle cose di questa terra. E quindi l’opinione che le disgrazie (o, come le chiamano, le croci), sieno favori di Dio e segni della benevolenza divina: opinione stranissima e affatto nuova; inaudita in tutta l’antichità e presso tutte le altre religioni moderne (tutte le quali consideravano, anzi il fortunato solo, come favorito di Dio, onde fra gli antichi beato, μακάριος ὄλβιος ec., era un titolo di rispetto e di lode e tanto a dire come sanctus o come vir iustus ec. L’etimologia di εὐδαίμων è favorito dagli Dei, o che ha buon Dio cioè favorevole. Al contrario δυσδαίμων, infelice, che ha mali Dei. Vedi p. 2463. Vedi i lessici. E nella stessa religion cristiana da principio si chiamavano beati, anche vivendo, gli uomini piú distinti o per virtú o per dignità, come oggi si chiama Beatitudine il Papa); inaudita presso qualunque popolo non civile; e finalmente tale ch’io non so se verun’altra opinione possa esser piú dirittamente contraria alla natura universale delle cose, e a tutto l’ordine dell’esistenza (2458) sensibile (4 giugno 1822).
* Alla p. 1660, mezzo. Non so bene se il Salviati o il