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(2442-2443) pensieri 243



*    Ho detto altrove d’una grande incertezza e di molti scambi che si trovano nell’uso latino circa i tempi dell’ottativo o soggiuntivo, ora scambiati fra se, ora sostituiti a quelli dell’indicativo: ed ho mostrato come questi usi che si tengono per pure eleganze degli scrittori latini, fossero comuni anche al volgare e si conservino nelle lingue derivate, non certo dal latino elegante, ma da esso volgare. A questo proposito si può notare il presente ottativo latino, usato spessissimo ed elegantemente invece dell’imperfetto ottativo, e in certo modo anche del futuro indicativo, come in Orazio, Sat. I, v. 19, l. 1 nolint per nollent o nolent;  (2443) Od. III, v. 66 e 68, l. 3, pereat, ploret, per periret, ploraret, o peribit, plorabit. E ciò massimamente, come appunto ne’ due luoghi citati, precedendo la condizionale si o simile, espressa o sottintesa: nel qual caso appunto ho notato altrove la detta varietà e figurato uso dell’ottativo e suoi diversi tempi. E vedi fra gli altri pensieri relativi a questo, p. 2221, fine e 2257 (24 maggio 1822).


*    Di ciò che ho notato altrove che l’uso di fabbricar nuovi composti e di supplir cosí al bisogno di esprimer nuove idee o nuove parti d’idee (ch’é tutt’uno, secondo le osservazioni della moderna ideologia), essendo stato cosí comune alle lingue antiche e alle stesse moderne ne’ loro principii, s’é poi quasi dimenticato, per utilissimo che sia; se ne possono dar, fra l’altre, le seguenti ragioni:

1o, Che tutte le lingue ne’ loro principii sono per necessità piú ardite che nel progresso, e le lingue antiche rispettivamente piú ardite delle moderne. Or queste composizioni richiedono un certo ardire, massime trattandosi di farne un grand’uso e d’applicar questa facoltà a quasi tutti i nuovi bisogni della lingua.

2o, Che nelle lingue antiche la necessità di far