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242 | pensieri | (2441-2442) |
mini d’esser superiori a questi tali, godono dell’immagine del loro difetto, sentono e si ammoniscono in certo modo della propria superiorità, l’amor proprio n’é lusingato e se ne compiace. Aggiungete l’odio eterno e naturale dell’uomo verso l’uomo, che si pasce (2442) e si diletta di questi titoli ignominiosi, anche verso gli amici o gl’indifferenti. E da queste ragioni naturali nasce che l’uomo difettoso, com’é detto di sopra, muta quasi il suo nome in quello del suo difetto, e gli altri che cosí lo chiamano intendono e mirano indistintamente nel fondo del cuor loro a levarlo dal numero de’ loro simili, o a metterlo al di sotto della loro specie: tendenza propria (e quanto alla società, prima e somma) d’ogni individuo sociale. Io mi sono trovato a vedere uno di persona difettosa, uomo del volgo, trattenersi e giocare con gente della sua condizione, e questa non chiamarlo mai con altro nome che del suo difetto, tanto che il suo proprio nome non l’ho mai potuto sentire. E s’io ho veruna cognizione del cuore umano, mi si dee credere com’io comprendeva chiaramente che ciascuno di loro, ogni volta che chiamava quell’uomo disprezzatamente con quel nome, provava una gioia interna, e una compiacenza maligna della propria superiorità sopra quella creatura sua simile, e non tanto dell’esser libero da quel difetto, quanto del vederlo e poterlo deridere e rimproverare in quella creatura, essendone libero esso. E per quanto frequente fosse nelle loro bocche quell’appellazione, io sentiva e conosceva ch’ella non usciva mai dalle loro labbra senza un tuono esterno e un senso e giudizio interno di trionfo e di gusto (13 maggio 1822).
* Juvare col dativo, caso comune al nostro giovare, è rarissimo negli scrittori latini, vedilo appresso Plauto, nel Forcellini (21 Maggio 1822).