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(2398-2399-2400) | pensieri | 217 |
s’é potuta mai comprendere in un vocabolario né men quanto alle voci, che ogni nuovo scrittore ne porta delle nuove. (2399) Molto meno quanto ai modi ne’ quali ell’é infinita e a disposizione degli scrittori, come appunto la nostra, e ciascuno scrittor greco ne forma de’ nuovi a suo piacere e in gran numero. Or non è cosa ridicolissima che mentre nessun’altra nazione stima che la sua lingua sia determinata e prescritta dal suo vocabolario, non ostante che questo sia molto meglio fatto, molto piú esteso, relativamente del nostro, e che la lingua loro possa piú facilmente o meglio esser compresa in un vocabolario; noi, la cui lingua è impossibile, sopra qualunque altra, che vi si possa comprendere, che di piú abbiamo un vocabolario inesattissimo nelle cose stesse che porta, molto piú inferiore alla ricchezza della nostra lingua di quello che le convenga o se le debba perdonare di essere, fatto sopra un piano sopra cui nessun altro è fatto, cioè sopra il piano dell’antico, mentre noi siamo moderni e della pura autorità quando la lingua è viva; noi, dico, vogliamo che un vocabolario cosí ridondante d’imperfezioni e poco proprio alla lingua nostra (e d’ogni lingua viva), abbia su di questa una virtú, un’autorità e un dominio, che i piú perfetti vocabolari delle altre nazioni, anche nazioni unite, come la francese e l’inglese, né si arrogano, né sognano, né pensano che (2400) sia menomamente proprio dell’essenza loro né compatibile colla natura delle lingue vive e che nessuno s’immagina di riconoscere in essi (29 marzo, venerdí dell’Addolorata, 1822).
* Πάλιν δὲ ὲρωτώμενος (Socrate), ἡ ἀνδρεία πότεθον εἴη διδακτὸν ἢ φυσικὸν; οιμαι μεν, ἔφη, ὥσπερ σῶμα σώματος ιοχυρότερον πρὸς τοὺς πόνους φύεται, οὕτω καὶ ψυχὴν ψυχῆς ἐρῥωμενεστέραν πρὸς τὰ δεινὰ φύσει γίγνεσθαι. ῾Ορῶ γὰρ ἐν τοῖς αὐτοῖς νόμοις τε καὶ ἔθεσι τρεφομένους πολύ διαφέροντας ἀλλήλων τόλμῃ. Νομίζω μέντοι πᾶσαν φύσιν μαθήσει καὶ μελέτῃ πρὸς ἀνδρείαν αὔξεσθαι. Xενοφ. ἀπομνημ. β.γ.᾽ κεφ. θ.᾽ §. α᾽-β᾽..