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(2286-2287-2288) | pensieri | 149 |
frequentativi, non solo per significazione, ma anche per formazione ed origine grammaticale, non lo contrasterei piú che tanto: benché mi paia naturalissima e piú verosimile quell’altra ragione ch’io adduco di tale uso de’ continuativi, cioè le solite metamorfosi che nelle parole, frasi, forme, formazioni, significati ec. produce inevitabilmente il tempo e il vario uso de’ vari generi di scrittori e parlatori. Chi può dubitare che le desinenze in ulus e altre tali non fossero espressamente diminutive e che i nomi o verbi ec. cosí formati, originariamente e propriamente non significassero diminuzione di quella cosa o azione, ch’era significata dal verbo o nome positivo? E nondimeno vedi la p. 2281; dove ho dimostrato come questi diminutivi sí nell’antico ottimo latino scritto, sí nel volgare, sí nelle lingue sue figlie, sieno passati spessissimo a significazione positiva, divenuta (2287) loro cosí propria, che oltre che non significano piú alcuna diminuzione, volendoli ridurre a diminuire, bisogna, come spesso si fa, soprattaccargli un’altra desinenza diminutiva. E ho mostrato ancora che, perduti affatto i loro positivi, restano essi in luogo di questi, e con lo stesso preciso valore dei medesimi ec.
Del resto ho fatto vedere in piú luoghi, e notato anche espressamente, che i verbi continuativi in un modo o nell’altro indicano o sempre o quasi sempre accrescimento di quell’azione ch’é significata dai positivi o sarebbe significata se essi tuttora esistessero. L’indicano, dico, per loro natura, e l’indicano o riguardo al tempo o alla durata o a qualunque altra di quelle cose che ho notate. Or come dunque si vorrà confondere la proprietà e la natura e la forma stessa di questi verbi (come fa il Forcellini) con quelle de’ verbi in itare, forma che porta con (2288) se una forza diminutiva, che a prima giunta è manifesta e sensibile a qualunque orecchio men che mediocremente assuefatto al latino? (26 dicembre 1821).