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(1295-1296) | pensieri | 69 |
la lingua potrebbe allora perdere dette facoltà e vivere nello stato delle lingue morte. Ma essendo la novità delle cose perpetua, ripeto che non si può conservare la lingua senza mantenerle intieramente le sue primitive facoltà creatrici, e che lo spogliarla di queste è lo stesso che ridurla necessariamente alla barbarie; giacch’ella, barbara o no, finch’è parlata e scritta non può morire; e non potendo vivere nella sua prima condizione, cioè durando la novità delle cose senza ch’ella possa piú esprimerle del suo proprio prodotto, vivrà nella barbarie (8 luglio 1821).
* Alla p. 1138, fine, aggiungi: 4o, La lingua latina ha prodotto tre figlie, che ancor vivono, che noi stessi parliamo e le di cui antichità, origini, progressi ec. dal principio loro fino al dí d’oggi si conoscono o si possono ottimamente o sempre meglio conoscere. Che, insomma, è quanto dire che la lingua latina ancor vive. E la considerazione di queste lingue, fatta coi debiti lumi, ci può portare e ci porta a scoprire moltissime proprietà della lingua latina antichissima, che non si potrebbero o non cosí bene dedurre dagli scrittori latini; e ciò stante l’infinita tenacità del (1296) volgo che, mediante il parlar quotidiano, ha conservato dai primordi della lingua latina fino al dí d’oggi e conserva tuttavia nell’uso quotidiano (e le ha pure introdotte nelle scritture) molte antichissime particolarità della lingua latina; come dimostrerò discorrendo dell’antico latino volgare. Sicché lo studio comparativo delle tre lingue latino-moderne, fatto con maggior cura di quello che finora sia stato, e con maggiore intenzione all’effetto di scoprire le antichità della favella materna, ci può condurre a conoscer cose latine antichissime e primitive o quasi primitive. La quale facoltà di uno studio comparativo sulla lingua greca parlata non si ha, benché la lingua greca viva ancora al modo che vive la latina. Oltre