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(1292-1293) | pensieri | 67 |
cade ancora cogli amici, parenti i piú stretti ec. E bisogna che l’uomo, il quale ha cagione di allegria, o la dissimuli o la dimostri con certa disinvoltura, indifferenza e spirito, altrimenti la sua presenza e la sua conversazione riuscirà sempre odiosa e grave, anche a quelli che dovrebbero rallegrarsi del suo bene o che non hanno materia alcuna di dolersene. Tale infatti è la pratica degli uomini riflessivi, padroni di se e ben creati. Che vuol dir questo, se non che il nostro amor proprio ci porta inevitabilmente, e senza che ce ne avvediamo, all’odio altrui? Certo è che nel detto caso anche all’uomo il piú buono è mestieri un certo sforzo sopra se stesso e un certo eroismo per prender parte alla letizia altrui, della quale egli non aspetti nessun vantaggio né danno, o solamente per non gravarsene (8 luglio 1821).
* Alla p. 1242. Non è dunque da maravigliarsi che la lingua italiana fra le moderne sia tenuta la piú ricca (Monti). Ho già mostrato come la vera fonte della ricchezza delle lingue antiche consistesse nella gran facoltà dei derivati e de’ composti, e come questa sia la principal fonte della ricchezza di qualsivoglia lingua e quella che ne manca o ne scarseggia non possa esser mai ricca. La lingua italiana, la quale cede alla greca e latina nella facoltà de’ composti (colpa piú nostra che sua), abbiamo veduto, (1293) e si potrebe dimostrare con mille considerazioni, che nella facoltà dei derivati e nell’uso che finora ha saputo fare di tal facoltà piuttosto vince dette lingue, di quello che ne sia vinta. Sarà dunque vero che la lingua italiana sia la piú ricca delle moderne, e questa superiorità sua, che una volta fu effettiva (e per le dette ragioni), non passerà come parecchie altre, se noi non la spoglieremo di quelle facoltà che la producono e sole la possono principalmente produrre, e che per l’altra parte sono proprie della sua indole; cioè se non la spoglieremo