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38 pensieri (1256-1257)



*   Se intorno alla bellezza umana molte cose si trovano nelle quali o tutti o quasi tutti gli uomini convengono, questo non è giudizio, ma senso, inclinazione ec. ec. e non ha che fare col discorso astratto e metafisico della bellezza. Le donne che Omero chiama βαθύκολποι (Il, σ. (18), v. 122, 239, ω. (24), v. 215, Hymn. in Vener. IV, v. 258, quivi delle ninfe montane) parranno a tutto il mondo piú belle delle contrarie. La cagione è manifesta e non accade dirla. Certo non è questa né il tipo della bellezza, né un’idea innata, né un giudizio, una ragione ec. I fanciulli staranno molto tempo ad avvedersi che quella qualità che ho detto sia bellezza e a far distinzione di beltà fra una donna che l’abbia e un’altra che ne sia priva. Né solo i fanciulli, ma anche i giovani mal pratici e poco istrutti di certe cose, quantunque assuefatti a vedere; i giovani modestamente educati ec.; del che interrogo la testimonianza di molti. Le donne tarderanno assai piú ad avvedersi di questa cosa e non concepiranno per lungo tempo né giudizio né senso di bellezza differente fra due donne ec. Vedi p. 1313, fine.

E tuttavia questa qualità ch’io dico passa  (1257) ben tosto nel bello ideale, e il poeta (come appunto Omero) o il pittore che tira dalla sua mente (come dice Raffaello ch’egli faceva) l’idea d’una bellezza da rappresentare, non mancherà certo di concepire l’idea di una donna o donzella βαθύκολπος. E pur l’origine di questa idea sarà tutt’altra che il tipo della bellezza ed un giudizio o forma innata, universale e impressa dalla natura nella mente dell’uomo. Cosí facile è l’ingannarsi nel giudicare delle idee che l’uomo ha circa il bello preteso assoluto. Vedi p. 1339. Similmente discorro di altre simili qualità esteriori dell’uomo o della donna.

Cosí della vivacità degli occhi o di qualunque espressione dell’anima che apparisca nel volto, il che però, quando anche tutti convengano che sia bellezza,