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468 | pensieri | (1968-1969-1970) |
Del resto, quando i francesi, gl’inglesi ec., pronunziando il latino come la loro lingua, lo pronunziano in modo diverso da quello in cui pronunziano gli stessi segni nell’alfabeto latino, come vorranno persuaderci che la loro pronunzia latina possa esser tanto vera o verisimile quanto la nostra? Chi vorrà credere che la scrittura latina avesse questo immenso difetto di corrispondenza colla pronunzia, ch’é solamente proprio delle dette lingue moderne, per le circostanze che altrove ho accennate e che è naturalmente ignoto ad ogni scrittura ben ordinata?
Quanto alla vera ed antica pronunzia dei segni isolati nell’alfabeto latino ce n’istruiscono espressamente qua e là gli scrittori latini e ci dimostrano ch’essa non era certo inglese né tedesca ec. Gli stessi dittonghi (1969) latini, la cui pronunzia non risponde oggi al valor di quei segni nell’alfabeto latino, si pronunziavano anticamente com’erano scritti, cioè ae si pronunziava, come insegna la santacroce, a ed e, non e e non come au o ai si pronunziano in francese o ed e, in luogo che il loro alfabeto vorrebbe a ed u, a ed i (22 ottobre 1821).
* La lingua ebraica non è solamente povera riguardo a noi per la scarsezza di scritture che abbiamo in quella lingua, ma è povera quanto a se stessa, povera nelle stesse scritture che abbiamo e in proporzione della stessa loro scarsezza, nella qual proporzione potrebb’essere assai piú ricca, anzi potrebb’essere in quella proporzione tanto ricca quanto le piú ricche del mondo. Male pertanto si riferisce la sua povertà alla detta cagione, facendone una povertà relativa a noi soli. Le vere cagioni le dico altrove. Bensí è vero che l’essere stata poco scritta ne’ suoi buoni tempi n’é la principale, ma non relativa, cagione (23 ottobre 1821). (1970)