Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/386

372 pensieri (1794-1795-1796)



*   Έγώ μέντοι (io però), καίπερ ὑπερχαίρω ὅταν ἐχθρὸν τιμωρῶμαι, πολὺ μᾶλλον μοι δοκῶ ἥδεσθαι ὀταν τι τοῖς φίλοις ἀγαθὸν ἐξευρίσκω. Parole di Agesilao (modello di virtú, secondo Senofonte, dovunque egli ne parla) a Coti re de’ Paflagoni, messegli in bocca da Senofonte, l’uno de’ primi maestri di morale a’ suoi tempi (῾Ελληνικῶν ἰστοριῶν β. δ´, κ. α´, § έ). Oggi chi volesse dire una sentenza notabile, direbbe tutto il rovescio. Cosí cambia la morale (26 settembre 1821).


*   Non solo il fanciullo non ha nessun’idea del bello umano e ha bisogno dell’assuefazione per acquistarla, ma, per perfezionarla e gustare i piaceri che può dar la sua vista, è bisogno un’assuefazione lunga, variata, particolare, e conviene anche per essa divenire intendenti, come per gustare il bello delle arti o delle scritture.  (1795) Anche per essa vi bisogna attenzione particolare e facoltà generale di attendere, contratta coll’assuefazione. Il giovane tenuto in stretta custodia, le persone ritirate, le monache ec. ec, distinguono certo il bello dal brutto, ma il piú bello dal piú brutto, se la cosa non è piú che notabile, non lo distinguono, non lo sentono, non hanno né un giudizio né un senso fino intorno alla bellezza, insomma non se ne intendono. Questo accade anche alle persone di gran talento, di gran sentimento ed entusiasmo se e finché si trovano in dette e simili circostanze, nelle quali quasi tutti si trovano per qualche tempo. Questo accade alle persone nutrite nella devozione, scrupolose ec. I loro giudizi in questi particolari sono stranissimi e forse piú strani rispetto al sesso diverso che al proprio, appunto per la minore attenzione che v’hanno messo ec. a causa dello scrupolo. Questo accade agl’ignoranti, rozzi ec., o sieno villani o anche delle classi elevate ec., perché non hanno l’abito né quindi la facoltà di attendere ec. ec. Insomma  (1796) non si acquista l’idea