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(1711-1712) | pensieri | 325 |
pur bene spesso, di non aver seco loro nessun commercio. Il precetto diliges proximum tuum sicut te ipsum, s’intendeva, non già i tuoi simili, ma i tuoi connazionali. Tutti i doveri sociali degli ebrei si restringevano nella loro nazione.
Or domando io: se quella morale che Dio ci ha dato mediante il suo Verbo era, come noi diciamo, la vera, e se Dio non solo n’è il tipo e la ragione, ma ragione necessaria; dunque quando egli stesso dava una morale diversissima e quasi contraria a questa, in punti essenzialissimi, egli operava contro la sua essenza. Non v’è taglio. Un solo menomo articolo della nostra morale, supposto ch’ella sia eterna e indipendente dalle circostanze, non poteva mai per nessuna ragione essere omesso o variato in nessuna legge che Dio desse a (1712) qualunque uomo isolato o in società. E viceversa, nessun articolo di questa legge poteva per nessuna circostanza omettersi ec. nella nostra. Molto meno lo spirito stesso della legge e della morale divina poteva mai variare dal principio del mondo fino ad ora, come pure ha evidentemente variato. Checché dicano i teologi per ispiegare, per concordare, tutto insomma si riduce a questi termini; ed è forza convenire che Dio non solo è il tipo e la ragione, ma l’autore, la fonte, il padrone, l’arbitro della morale, e che questa e tutti i suoi principii piú astratti nascono assolutamente, non dall’essenza, ma dalla volontà di Dio, che determina le convenienze, e secondo quelle che ha determinate e create, secondo che le mantiene o le cangia o le modifica, dètta, mantiene, cangia o altera le sue leggi. Egli è il creatore della morale, del buono e del cattivo e della loro astratta idea, come di tutto il resto (16 settembre 1821).
* Il sistema di Platone delle idee preesistenti alle cose, esistenti per se, eterne, necessarie, indipendenti