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(1707-1708-1709) pensieri 323

importantissimo, giacché si deve riferire non alle sole idee materiali, ma molto piú  (1708) alle astratte (che tutte in fine derivano dalla materia) e agli stessi fondamenti della nostra ragione; molto piú poi alle idee del bello del grazioso ec. (15 settembre 1821).


*   Da ciò che altrove ho detto di Machiavello, Galileo ec., che travagliarono a distruggere la propria fama, si può confermare e amplificare la sentenza di Cicerone, circa la gloria, nel Sogno di Scipione.

E dalla distinzione che quivi ho fatta tra la fama dei letterati e degli scienziati, si può dedurre questa osservazione. Il vero è immutabile, e i gusti mutabilissimi. Parrebbe che lo stato delle scienze dovesse esser piú costante che della letteratura e la fama degli scienziati piú durevole dei letterati. Pure accade tutto l’opposto. Le scienze, come dicono, si perfezionano col tempo e la letteratura si guasta. Un secolo distrugge la scienza del secolo passato; la letteratura resta immobile o, se si muta, si riconosce ben tosto per corrotta e si torna indietro. Che cosa dunque è piú stabile, la natura o la ragione? E che cosa è la nostra pretensione di conoscere il vero? gli antichi s’immaginavano di conoscerlo al pari di noi. Che cosa è lo stesso vero? quali sono le verità assolute? quando non siamo punto sicuri  (1709) che il venturo secolo non dubiti di ciò che noi teniamo per certo: anzi, mirando all’esempio di tutti i secoli passati e del nostro, siamo sicuri del contrario (15 settembre 1821).


*   Dice il Rocca che gli spagnuoli nell’ultima guerra non si facevano scrupolo, anzi dovere, di mancar pubblicamente o privatamente di parola a’ francesi, tradirli comunque, pagare i lor benefizi individuali con cercar di uccidere il benefattore ec. ec. Cosí tutti i popoli naturali. Ed egli lo racconta special-