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(1678-1679) pensieri 305

parte la continua e viva distrazione prodotta nell’uomo naturale da’ bisogni, dalle fatiche ec. ec., l’assuefazione a certe sofferenze ec. li preserva dalla facilità di addolorarsi, gli addomestica alle disgrazie della vita, li rende piú disposti a godere che a soffrire, facili a dimenticare il male, incapaci di sentirlo profondamente, se non di rado ec. Anche gli uomini civili, abitualmente o straordinariamente occupatissimi, sono nello stesso caso. Cosí pure gli uomini avvezzi alle disgrazie ec. ec (11 settembre 1821).


*   È noto che anticamente il dittongo ae de’ latini scrivevasi e pronunziavasi alla greca ai (vedi i grammatici). Or questa pronunzia e scrittura antichissima l’italiano la conserva  (1679) anche oggi nel latino vae, gr. οὐαὶ, ch’egli scrive e pronunzia guai, mutato il v in gu, come in guado, guastare, da vadum, vastare ec. I nostri contadini in alcune parti d’Italia dicono golpe, (vedi Monti, Proposta ec. in Golpe, dove senza bisogno lo deriva dal francese), golo, sguelto, guerro per volpe, volo, svelto, verro (porco, non castrato, verres) ec. ec. E viceversa vardare, valchiera per guardare, gualchiera ec. Noi diciamo vizzo e guizzo (Crusca). I nostri antichi diceano vivore per vigore (Crusca). Il déguiser francese è corruzione di déviser (vedi la Crusca in divisato: svisare è pur lo stesso, in rigore d’etimologia). Non parlo della pronunzia del w inglese ec. ec. ec. (12 settembre 1821).


*   L’italiano, il francese, lo spagnuolo, i quali parlano, massime l’italiano, poco differentemente da quello che parlavano i latini, non perciò scrivono come i latini scrivevano. Vale a dire che delle due lingue romane distinte da Cicerone, la rustica è sopravvissuta alla cólta, l’una vive alterata, l’altra è morta del tutto. Tanta è la tenacità del popolo, tanta la