Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/279

(1612-1613-1614) pensieri 265

l’uomo e l’individuo potrà avvicinarsi a quella perfezione alla quale ancora non siamo arrivati. È egli possibile che tutto ciò sia necessario al ben essere dell’uomo? E che la sua perfezione fosse posta dalla natura au bout di sí lunga e difficile carriera, che dopo seimila anni ancora non è compiuta? Oltre ch’ella, come risulta dal sopraddetto, non poteva esser sicura che l’uomo vi arrivasse mai, essendo stata opera di circostanze non mai essenziali tutti i pretesi progressi che si son fatti (2 settembre 1821).


*   Di piú: qual sarà poi questa  (1613) perfezione dell’uomo? quando e come saremo noi perfetti, cioè veri uomini? in che punto, in che cosa consisterà la perfezione umana? qual sarà la sua essenza? Ogni altro genere di viventi lo sa bene. Ma la nostra civiltà o farà sempre nuovi progressi, o tornerà indietro. Un limite, una meta, secondo i filosofi, non si può vedere, e non v’é. Molto meno un punto di mezzo. Dunque non sapremo mai in eterno che cosa e quale propriamente debba esser l’uomo, né se noi siamo perfetti o no ec. ec. Tutto è incerto e manca di norma e di modello, dacché ci allontaniamo da quello della natura, unica forma e ragione del modo di essere (2 settembre 1821).


*   Le cose non sono quali sono, se non perch’elle son tali. Ragione preesistente, o dell’esistenza o del suo modo, ragione anteriore e indipendente dall’essere e dal modo di essere delle cose, questa ragione non v’é, né si può immaginare. Quindi nessuna necessità né di veruna esistenza, né di tale o tale, e cosí o cosí fatta esistenza. Come dunque immaginiamo noi un Essere necessario? Che ragione v’è fuori di lui e prima di lui perch’egli esista, ed esista in quel modo, ed esista ab eterno? - La ragione  (1614) è in lui stesso, cioè l’infinita sua perfezione. - Che ragione assoluta vi è