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(1550-1551) pensieri 227

virtú dell’eroismo ec. ec. ec., il sentimento è distrutto. L’odio o la noia non sono affetti fecondi; poca eloquenza somministrano e poco o niente poetica. Ma la natura e le cose inanimate sono sempre le stesse. Non parlano all’uomo come prima: la scienza e l’esperienza coprono la loro voce: ma pur nella solitudine, in mezzo alle delizie della campagna, l’uomo stanco del mondo dopo un certo tempo può tornare in relazione con loro, benché assai meno stretta e costante e sicura; può tornare in qualche modo fanciullo e rientrare in amicizia con esseri che non l’hanno offeso, che non hanno altra colpa se non di essere stati esaminati e sviscerati troppo minutamente, e che anche secondo la scienza hanno pur delle intenzioni e de’ fini benefici verso lui. Ecco un certo  (1551) risorgimento dell’immaginazione, che nasce dal dimenticare che l’uomo fa le piccolezze della natura, conosciute da lui colla scienza; laddove le piccolezze e le malvagità degli uomini, cioè de’ suoi simili, non è quasi possibile che le dimentichi. Egli stesso, assai mutato da quel di prima, e conosciuto da lui assai piú intimamente di prima, egli stesso da cui non si può né allontanare né separare, servirebbe a richiamargli l’idea della miseria, della vanità, della tristizia umana. In questo stato l’uomo moderno è piú atto ad imitare Omero che Virgilio (23 agosto 1821). Vedi p. 1556, fine.


*   Alla p. 1548, margine. Quindi la cura che i suicidi soglion prendere di lasciar qualche notizia, qualche cenno della loro morte e del modo di essa; com’ella fu veramente volontaria, non derivò da pazzia, né da malattia né da violenza altrui. Molti si stendono anche a descriverne tutte le cagioni e le circostanze e spendono molto tempo a trattenersi, ad informare, a cattivarsi insomma quel mondo, che nel medesimo punto sono per lasciare, abbominandolo, disprezzandolo e di-