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(1506-1507-1508) | pensieri | 201 |
gua, come certo nascerà col tempo, giacché esse medesime son già molto diverse da’ loro principii; certo che gli etimologisti si troverebbero imbrogliatissimi, ancorché seguitassero ancora a conoscer bene l’antico latino, come già si trovano molto confusi intorno a molte parole derivate pure immediatamente dal latino, ma tanto svisate di significato che piú non si raffigurano. Cosí le lingue si alterano e si mutano giornalmente, e le parole, quanto al significato, (1507) si sovvertono mirabilmente, e l’etimologie si perdono, e le lingue primitive si nascondono (come son già nascoste) a causa della sinonimia, non meno che per le altre cause (16 agosto 1821).
* Paragonando le occupazioni di un mercante che travaglia a’ suoi complicatissimi negozi, e di un giovane che scherza con una donna, quella ci par serissima, e questa frivolissima. E pure qual è lo scopo del mercante? il far danari. E perchè? per godere. E come si gode quaggiú? collo spassarsi; e uno de’ maggiori spassi e piaceri è quello che si piglia colle donne. Dunque lo scopo del mercante in ultima analisi è di potersi a suo agio, e con molti mezzi occupare in quello stesso in che si occupa il giovanastro, o in cose tali. Se dunque il fine è frivolo, quanto piú il mezzo? Tutto dunque è frivolo a questo mondo, e l’utile è molto piú frivolo del semplicissimo dilettevole. Cosí dico degli studi, e delle carriere ec (16 agosto 1821).
* La brevità non piace per altro, se non perché nulla piace. Anche i maggiori piaceri (1508) si bramano, e denno esser brevi, e lasciar desiderio, altrimenti lasciano sazietà. Ma non v’é mezzo fra questi due estremi? non possono lasciar paghi? No. Se l’uomo potesse appagarsi di un piacere né la brevità né la varietà (che deriva dalla brevità, e l’include ed im-