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(1486-1487-1488) | pensieri | 189 |
parole son divenute sinonime in quest’ultimo grado, altre in qualcuno de’ gradi antecedenti, e si possono usare promiscuamente in tali casi sí, in altri no; ma tutto giorno, stante la negligenza e ignoranza degli scrittori e parlatori, vanno acquistando maggior somiglianza, finché arriveranno alla medesimezza.
Consideriamo ora le conseguenze di questo effetto. Si riguardano i sinonimi come ricchezza di una lingua. Ma ella è ricchezza secondaria, e la principal ricchezza e varietà è quella che ho detto p. 1479. Ora la ricchezza dei sinonimi nuoce sommamente a questa. La lingua italiana ha piú sinonimi assai che la latina. È ella perciò piú ricca di lei? Figuriamoci che trentamila voci latine, tutte (1487) distinte di significato, sieno passate nella lingua italiana, ma in modo che in vece di trentamila cose ne significhino solo diecimila: tre parole per significato. Che giova all’italiano il poter dire quelle diecimila cose ciascuna in tre modi, se quelle altre ventimila che i latini significavano distintamente egli non le può significare o solo confusamente? Questa è povertà, non ricchezza. Non è ricco quegli il cui podere abbonda di vigna e di frutta e manca di grano, né quegli che abbonda del superfluo e manca del necessario.
* Quindi potremo spiegare un fenomeno intorno alla ricchezza delle lingue antiche, che non mi pare né abbastanza osservato né dilucidato. Le lingue si accrescono col progresso delle cognizioni e dello spirito umano. Il numero delle parole di senso certo, dicono i filosofi, determina il numero delle idee chiare di una nazione (SULZER). Viceversa dunque potremmo dire delle idee chiare, le quali non sono quasi mai tali se non hanno la parola corrispondente. Ora (1488) chi dubita che il numero delle nostre idee chiare non vinca d’assai quello delle antiche? che il nostro spirito non solo abbracci molto maggior estensione di cose, ma veda sempre piú sottile e minuto, ed abbia