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188 pensieri (1484-1485-1486)

da principio non tanti); la lingua italiana ha, non deve negarsi, verissimi sinonimi e ne ha in grandissima copia, forse piú che altra lingua cólta; e ne ha piú assai  (1485) che non n’ebbe la buona latina. Tutte le lingue moderne cólte, generalmente parlando, hanno assai piú sinonimi veri e perfetti che le lingue antiche: effetto del tempo che distrugge a poco a poco le piccole e sfuggevoli differenze fra i significati di parole, che tuttavia non furono inventate per lusso, ma per vera utilità. Nessuna o quasi nessuna nuova parola che si venga oggi formando e introducendo nelle diverse lingue è sinonima di altre che già vi si trovino (parlo di quelle lingue dove non si vanno introducendo per pura affettazione, ignoranza, barbarie, delle parole straniere affatto inutili e in pregiudizio delle nazionali. Si ponno anche eccettuare alcune di quelle parole che formano talora i poeti, che non sempre né spesso, ma pur talvolta, potranno esser sinonime di altre già usate ed esser preferite e formate per sola eleganza e per una certa peregrinità, o dedotte dal latino ec.). Ciò mostra che i sinonimi non sono mai tali da principio, e che la sinonimia non è primitiva. Ma le parole che già da gran tempo appartengono a ciascuna lingua, o appartenessero alle loro madri, o no, son divenute e divengono di mano in mano sinonime, e tali diverranno anche molte recentissimamente formate; e ciò massimamente per la trascuranza del favellare e scrivere e per l’abuso, che siamo forzati di chiamar uso e riconoscerlo per padrone legittimo. E questo è sí certo che si può con un poco di attenzione, cominciando dai piú  (1486) antichi scrittori di una lingua e venendo sino agli ultimi, osservare come due o piú parole oggi sinonime, e che da prima non erano, si siano venute gradatamente avvicinando nel significato e scambiandosi vicendevolmente in questo o quell’uso, fino a confondersi del tutto insieme in qualsivoglia uso ec. Alcune