Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/186

172 pensieri (1457-1458-1459)

che dà a noi, e parimente i classici  (1458) contemporanei non ci daranno mai né tanto gusto quanto gli antichi (cosa certissima), né quanto ne daranno ai posteri (6 agosto 1821).


*    Che in natura occorrano molti accidenti contrari al di lei sistema, senza guastarlo ec., è vero. Ma l’amor proprio non è accidente, anzi primissimo ed essenziale principio e perno di tutta quanta la macchina naturale. Ora è certissimo che l’amor proprio impedisce all’uomo sí nello stato naturale, sí molto piú in qualunque altro, di poter mai essere perfettamente buono, cioè di pensieri e di opere perfettamente e perpetuamente consentaneo alla legge che chiamano naturale. E l’impedisce non in cose leggere, ma principalissime, non di rado, ma tutto giorno. Non dico niente delle passioni naturalissime ec. ec. ec. Come dunque la natura ha fatto l’uomo ripugnante a se stessa, cioè a se stesso? E che cos’é questa legge naturale, che gli altri animali, perfetti sudditi della natura, non seguono, né ponno seguire, impediti dallo stesso amor proprio, né conoscono  (1459) in verun modo? Non hanno ragione. Hanno però istinto, secondo voi altri; e la legge naturale, secondo voi altri e la forza stessa del termine, è istinto innato ec., indipendente dalla riflessione e quindi dalla ragione. Dunque la legge naturale sarebbe tanto piú conveniente agli animali che non hanno ragione da supplirvi, siccome sarebbe quasi una qualità animalesca nell’uomo libero e ragionevole. Secondo me, hanno anche il principio di raziocinio, hanno libertà intera; e se la legge naturale è utile anzi necessaria all’uomo, perché non dunque agli animali, o liberi o no che sieno? Ora essi, che pur non sono corrotti e non hanno spento, come voi dite di noi, l’impulso, la voce interna ec., agiscono quotidianamente e in ogni loro bisogno in senso contrario a detta legge (6 agosto 1821).