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120 pensieri (1371-1372-1373)

spettanti alla immaginazione e al genio.  (1372) L’uomo insomma principalmente, e dopo l’uomo gli altri viventi, i loro ingegni, cognizioni, abilità, facoltà, opinioni, pensieri, detti, fatti, le loro qualità, non in quanto ingenite, ma in quanto sviluppate (ch’é come dire non in potenza, ma in atto, perché le qualità non isviluppate son come non esistessero, oltre le infinite modificazioni, onde sono suscettibili di parere diversissime ed anche opposte qualità), sono figli nati dell’assuefazione (22 luglio 1821).


*    È verissimo che la chiarezza dell’espressione principalmente deriva dalla chiarezza con cui lo scrittore o il parlatore concepisce ed ha in mente quella tale idea. Quel metafisico il quale non veda ben chiaro in quel tal punto, quello storico il quale non conosca bene quel fatto ec. ec., riusciranno oscurissimi al lettore, come a se stessi. Ma ciò specialmente accade quando lo scrittore non vuole né confessare né dare a vedere che quella cosa non l’intende chiaramente, perché anche le cose che noi vediamo oscuramente possiamo fare che il lettore le veda nello stesso modo, e ci esprimeremo sempre con chiarezza, se faremo vedere al lettore qualunque idea tal quale noi la concepiamo e tal quale sta e giace nella nostra mente. Perché l’effetto della chiarezza non è propriamente far concepire al lettore un’idea chiara di una cosa in se stessa, ma un’idea chiara dello stato preciso della nostra mente, o ch’ella veda chiaro, o veda scuro; giacché  (1373) questo è fuor del caso e indifferente alla chiarezza della scrittura o dell’espressione propriamente considerata e in se stessa.

Ora io dico, che tolta la detta malafede e tolta l’ignoranza e incapacità di esprimersi, la quale influisce tanto sulle idee chiare di chi scrive o parla, quanto sulle oscure; il veder chiaro, se non altro assai spesso, pregiudica alla chiarezza dell’espressione