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(509-510) | pensieri | 33 |
Per piú dolor, del popol senza legge,
Al qual, come si legge,
Mario aperse sí ’l fianco,
Che memoria de l’opra anco non langue,
Quando assetato e stanco
Non piú bevve del fiume acqua che sangue.
Non è stato osservato, ch’io sappia, che quest’ultima iperbole è levata di peso da Floro III, 3, nel racconto che fa di quella medesima battaglia contro i tentoni, della quale il Petrarca: Ut victor Romanus de cruento flumine non plus aquæ biberit quam sanguinis Barbarorum. Giacché l’armata romana era assetata e combatté quasi per l’acqua. E forse Floro ha preso questa immagine da quel luogo di Tucidide nell’assedio di Siracusa, riferito ed esaminato da Longino (15 gennaio 1821). Vedi p. 724, principio. (510)
* Floro III, 3: Jam diem pugnae a nostro imperatore petierunt, et sic proximum dedit. In patentissimo, quem Raudium vocant, campo concurrere. Leggerei: et hic proximum dedit (15 gennaio 1821).
* Alla p. 495. Cosí II, 14: vir ultimae sortis Andriscus. Cosí Velleio I, 11, sect. 1: qui se Philippum regiaeque stirpis ferebat, cum esset ultimae. Del resto, o sia sbaglio dei codici o proprietà di Floro e figura grammaticale a lui familiare, io trovo anche altre volte il quoque messo da lui piuttosto prima che dopo quello a cui pare che si dovrebbe effettivamente riferire, considerando il sentimento. Cosí II, 14, fine. Sebbene quivi si potrà forse spiegare e tollerare. Ma III, 6, dove dice di Pompeo destinato alla guerra piratica, Sic ille quoque ante felix, dignus nunc victoria Pompeius visus est, il quoque non par che si possa riportare se non all’ante e non all’ille (quantunque i pirati fossero stati già combattuti e vinti da P. Servilio l’Isaurico), perché la forza di questo luogo par che consista