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(1057-1058-1059) | pensieri | 373 |
lingua latina Lucrezio) non sono solamente imperfette, ma neppure incominciate. Quanti altri generi di letteratura, prendendo questa parola nel piú largo senso, e di poesia come di prosa o ci mancano affatto o sono in culla o sono difettosissimi! Lasciando gl’infiniti altri, la lirica italiana, quella parte in cui l’Italia, a parere del Verri (prefazione al Senofonte del Giacomelli), (1058) e della universalità degl’italiani, è senza emola, eccetto il Petrarca che spetta piuttosto all’elegia, che può mostrare all’Europa senza vergogna? Gli sforzi del Parini (veri sforzi e stenti, secondo me) mostrano e quanto ci mancasse e quanto poco si sia guadagnato.
Oltracciò, supponendo che i generi coltivati da noi nel cinquecento o anche nel trecento fossero tutti perfetti, chi non sa che uno stesso genere, cambiando forma ed abito, e quasi genio e natura, col cambiamento inevitabile degli uomini e de’ secoli, la perfezione antica non basta ad una lingua né ad una letteratura, s’ella non ha pure una perfezione moderna in quello stesso genere? Se Lisia fu perfetto oratore al tempo de’ trenta tiranni, Demostene ed Eschine non meno perfetti oratori a’ tempi di Filippo e di Alessandro, appartengono ad una specie del genere oratorio sí diversa da quella di Lisia, che, si può dire, opposta (l’ὶσχνὸς e il δεινὸς); e certo, assolutamente parlando, lo vincono di molto in pregio ed in fama. E potremmo recare infiniti esempi di tali rinnuovate e rimodernate perfezioni di uno stesso genere, nelle medesime letterature antiche e nella stessa italiana dal trecento al cinquecento e forse anche dentro i limiti dello stesso cinquecento. Ora, se la letteratura italiana non ha perfezione (1059) moderna in nessun genere, anzi se l’Italia non ha letteratura che si possa chiamar moderna, se ec. (ricapitolate il sopraddetto), come dunque la lingua italiana si dovrà stimare perfetta, e cosí perfetta che non le si possa niente aggiungere