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372 | pensieri | (1056-1057) |
mici elegantissimi, basterà nominar Plauto e Terenzio che ancora ammiriamo, l’uno non mai superato in seguito da nessun latino nella forza comica, l’altro parimente non mai agguagliato nella piú pura e perfetta e nativa eleganza. E certo (se non erro) la commedia latina, dopo Cicerone, e al suo stesso tempo, andò piuttosto indietro di quello che oltrepassasse il grado di perfezione a cui era stata portata da’ suoi antenati. E pure, chi mette la perfezione della lingua latina o la sua formazione ec. piuttosto nel secolo di Terenzio, che in quello di Cicerone e di Virgilio ? E Lucrezio un secolo dopo Terenzio, si lagnava, com’é noto, della povertà della lingua latina.
Quanto piú dunque dovrà valere il mio argomento per gli scrittori del trecento. De’ quali, eccetto tre soli, nessuno appartiene alla letteratura.
Ma non ostante la vastissima letteratura del cinquecento non però la lingua italiana si poté ancora né si può dire perfetta. Non basta l’applicazione di una lingua (1057) alla letteratura per perfezionarla ed interamente formarla. Bisogna ancora che sia applicata ad una letteratura perfetta, e perfetta non in questo o quel genere, ma in tutti. Altrimenti ripeto che il secolo principale della lingua latina non sarà quello di Cicerone, ma di Plauto o di Terenzio, come secolo piú antico e primitivo e meno influito da commercio straniero.
Ora lascerò stare che in quelle medesime parti di letteratura che piú soprastanno e piú furono coltivate in Italia, in quelle medesime dove noi primeggiamo su tutti i forestieri, la nostra letteratura è ben lungi ancora dalla perfezione e raffinatezza della greca e latina, che in queste tali parti sono e furon prese effettivamente a modelli da’ nostri scrittori; e per conseguenza, propriamente parlando, sono ancora imperfette. Ma la nostra eloquenza, e piú la nostra filosofia (e nella filosofia trovava povera la