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(488-489-490) pensieri 21

noi stessi o in compagnia. Ed io non credo che vi sia uomo sí taciturno e nemico del parlare, del conversare e del comunicarsi altrui, che provando una sensazione straordinariamente forte e viva non sia costretto, quasi suo malgrado o senza riflessione e senza avvedersene, a prorompere in simili esclamazioni, dinotanti il desiderio e l’intenzione di comunicare e far parte altrui di ciò ch’egli prova (10 Gen. 1821).  (489)


*   Floro, I, 8: Haec est prima aetas populi Romani et quasi infantia, quam habuit sub regibus septem, quadam fatorum industria, tam variis ingenio, ut Reipublicae ratio et utilitas postulabat. Quel quadam fatorum industria a che ha relazione? All’avere avuto il popolo romano una prima età ovvero un’infanzia? Cosa veramente straordinaria e bisognosa di molto ingegno dei destini. Leggi continuamente, quadam fatorum industria tam variis ingenio ec., perché le dette parole non si possono riportare se non a queste che seguono, e queste dipendono intieramente da quelle. Vedi però le ultime edizioni di Floro (11 gennaio 1821).


*    Floro, I, 12: Veientium quanta res fuerit, indicat decennis obsidio. Tunc primum hiematum sub pellibus: taxata stipendio hiberna: adactus miles sua sponte jurejurando, «nisi capta urbe non remeare». Spolia de Larte Tolumnio rege ad Feretrium reportata. Denique non scalis nec irruptione, sed cuniculo, et subterraneis dolis peractum urbis excidium.  (490) Tutto questo fa un periodo solo e non va distinto se non colle minori interpunzioni. L’hiematum sub pellibus, il taxata hiberna, l’adactus miles, lo spolia reportata, il peractum excidium, non istanno da se, ma dipendono dal Veientium quanta res fuerit, indicat; come apparisce sí dalle cose stesse, come quello che Floro soggiunge immediatamente: Ea denique visa est praedae magnitudo, cuius decimae Apollini Pythio mitterentur: universusque populus Romanus