tere sopra l’Inghilterra, Scozia ed Olanda, vol. II, Firenze 1790, Allegrini, in-8°, anonime, ma del cav. Angiolini; Notizie ec., l. c.); lingua della cui purità erano depositarii e custodi gelosissimi quei famosi Bardi che avevano e conservarono per sí lungo tempo, ancor dopo la conquista fatta da’ romani, tanta influenza sulla nazione, e massime poi la letteratura (Annali ec., loc. cit., p. 385-386, principio); quella lingua cosí ricca, e ogni giorno piú ricca, di tanti poemi, parte de’ quali anche (995) oggi si ammirano. Questa lingua e letteratura cedette alla romana (vedi p. 1012, capoverso 1), la greca non mai; neppur quando Roma e l’Italia spiantata dalle sue sedi si trasportò nella stessa Grecia. Perocché, sebbene allora la lingua greca fu corrotta finalmente di latinismi ed altre barbarie (scolastiche ec.), imbarbarí è vero, ma non si cangiò; e in ultimo, piuttosto i latini vincitori e signori si ridussero a parlare quotidianamente e scrivere il greco e divenir greci, di quello che la Grecia, vinta e suddita, a divenir latina e parlare o scrivere altra lingua che la sua. Ed ora la lingua latina non si parla in veruna parte del mondo; la greca, sebbene svisata, pur vive ancora in quell’antica e prima sua patria. Tanta è l’influenza di una letteratura estesissima in ispazio di tempo, e in quantità di cultori e di monumenti, sebbene ella già fosse cadente a’ tempi romani, e a’ tempi di Costantino, possiamo dire, spenta. Ma i greci se ne ricordavano sempre, e non da altri imparavano a scrivere che da’ loro sommi e numerosissimi scrittori passati, siccome non da altri a parlare che dalle loro madri (vedi p. 996, capoverso 1). Certo è che la letteratura influisce sommamente sulla lingua (vedi p. 766 segg). Una lingua senza letteratura, o poca, non difficilmente si spegne o si travisa in maniera non riconoscibile, non potendo ella esser formata, né per conseguenza troppo radicata e confermata, siccome immatura e imperfetta.