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324 | pensieri | (993-994) |
rando ancora che generalmente gli scrittori greci di qualunque età, e nominatamente i sopraddetti e loro simili, che per le loro circostanze parrebbono non solo a portata ma in necessità di aver conosciuto la letteratura latina, non danno si può dir mai segno veruno di conoscerla, né la nominano ec. e, se citano talvolta qualche autore latino, li citano e se ne servono per usi di storia, di notizie, di scienze, di teologia ec. non mai di letteratura. Questa è cosa universale negli scrittori greci.
In secondo luogo risulta dalle sopraddette cose, che i mezzi usati dai romani per far prevalere la loro lingua, come nelle altre nazioni cosí in Grecia e ne’ moltissimi paesi dove il greco era usato (vedi p. 982-83), laddove riuscirono in tutti gli altri luoghi, non riuscirono e furon vani in questi. Ed osservo che la lingua latina non prevalse mai alla greca in nessun paese dov’ella fosse stabilita, sia come lingua parlata, sia come lingua scritta; laddove la greca avea prevaluto a tutte le altre in questi tali (vastissimi e numerosissimi) paesi e in quasi mezzo mondo; e quello che (994) non poté mai la lingua né la potenza né la letteratura latina, lo potè, a quel che pare, in poco spazio, l’arabo e le altre lingue o dialetti maomettani (come il turco ec.), e cosí perfettamente, come vediamo anche oggidí. Ma la lingua latina, eccetto nella Magna Grecia e in Sicilia, non solo non estirpò, ma non prevalse mai in nessun modo e in nessun luogo alla lingua e letteratura greca, se non come pura lingua della diplomazia; quella lingua latina, dico, la quale nelle Gallie aveva, se non distrutta, certo superata quell’antichissima lingua celtica, cosí varia, cosí dolce, cosí armoniosa, cosí maestosa, cosí pieghevole (Annali ec., 1811, n. 18, p. 386; Notizie letterarie di Cesena, 1792, p. 142), e che al cav. Angiolini, che se la fece parlare da alcuni montanari scozzesi, parve somigliante ne’ suoni alla greca Let-