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(930-931-932) pensieri 275

non mai per un assoluto capriccio. Al contrario il principe. Perché molti non possono avere uno stesso capriccio, essendo il capriccio una cosa relativa e variabile secondo le  (931) teste, e senza una causa uniforme di esistere. Cosí che la nazione non si può accordare tutta intiera in un capriccio. Ma s’ella non ha bisogno di convenirci, dipendendo già tutta intera da un solo, e questo solo avendo capricci come gli altri perché uomo e piú degli altri perché padrone, e potendo il suo capriccio disporre della guerra e della pace e di tutto quello che spetta a’ suoi sudditi, vedete quali sono le conseguenze, osservate se combinino coi fatti e poi anche ditemi se dalla possibilità del capriccio nel muover guerra segua che queste debbano esser piú rare o piú frequenti delle antiche (11 aprile 1821).


*    Non è cosa piú dispiacevole e dispettosa all’uomo afflitto e oppresso dalla malinconia, dalla sventura presente o dal presente sentimento di lei, quanto il tuono della frivolezza e della dissipazione in coloro che lo circondano e l’aspetto comunque della gioia insulsa. Molto piú se questo è usato con lui e soprattutto s’egli è obbligato per creanza o per qualunque ragione a prendervi parte (12 aprile 1821).


*    La stessa proporzionata disparità ch’é fra gli antichi e i moderni in ordine al bello, alla immaginazione, alla letizia, alla felicità per l’una parte e al vero, alla ragione, alla malinconia, alla infelicità per l’altra parte: la stessa, dico, si trova proporzionatamente in ciascheduna età antica o moderna fra i popoli meridionali e i settentrionali. Sebbene l’antichità era il tempo del bello  (932) e della immaginazione, tuttavia anche allora la Grecia e l’Italia ne erano la patria e il luogo. E quantunque non fossero quei tempi adattati alla profondità dell’intelletto, al vero, alla