rivalità che hanno colle straniere, e di quelle illusioni grandi e costanti e persuasive che nascono da tutto ciò, e che vicendevolmente lo producono; ed ella è cosa evidente che la virtú non ha fondamento se non se nelle illusioni e che dove mancano le illusioni manca la virtú e regna il vizio, nello stesso modo che la dappocaggine e la viltà. Queste son cose evidenti nelle storie ed osservate da tutti i filosofi e politici. Ed è tanto vero, che le virtú private si trovano sempre in proporzione coll’amor patrio e colla forza e magnanimità di una nazione; e l’indebolimento di queste (911) cose colla corruttela dei costumi; e la perdita della morale si trova nella storia sempre compagna della perdita dell’amor patrio, della indipendenza, delle nazioni, della libertà interna, e di tutte le antiche e moderne repubbliche; influendo sommamente e con perfetta scambievolezza la morale e le illusioni che la producono sull’amor patrio e l’amor patrio sulle illusioni e sulla morale. È cosa troppo nota qual fosse la depravazione interna de’ costumi in Francia da Luigi XIV, il cui secolo, come ho detto, fu la prima epoca vera della perfezione del dispotismo ed estinzione e nullità delle nazioni e della moltitudine, sino alla rivoluzione. La quale tutti notano che ha molto giovato alla perduta morale francese, quanto era possibile: 1°, in questo secolo cosí illuminato e munito contro le illusioni, e quindi contro le virtú; 2°, secondo in tanta, e tanto radicata e vecchia depravazione, a cui la Francia era assuefatta; 3°, in una nazione particolarmente ch’é centro dell’incivilimento, e quindi del vizio; 4°, col mezzo di una rivoluzione operata in gran parte dalla filosofia, che volere o non volere, in ultima analisi, è nemica mortale della virtú, perch’é amica, anzi quasi la stessa cosa colla ragione, ch’é nemica della natura, sola sorgente della virtú (30 marzo-4 aprile 1821).