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258 | pensieri | (908-909) |
cosí che non c’è ora un tempo dove un paese resti disarmato, anzi non bene armato, a differenza sí de’ tempi antichi, sí de’ secoli cristiani anteriori a questi ultimi.
Da tutto ciò segue che le armate non solo non iscemeranno piú, ma cresceranno sempre, cercando naturalmente ciascuno di superare l’altro con tutte le sue forze, e le sue forze stendendosi quanto quelle della nazione: che quindi le nazioni intiere, come fra gli antichi, si scanneranno scambievolmente, ma non, come fra gli antichi, spontaneamente e di piena volonterosità, anzi vi saranno cacciate per marcia forza; non odiandosi scambievolmente, anzi essendo in piena indifferenza e forse anche bramando di esser vinte (perchè, ed anche questo è notabile, perduto l’amor di patria, e l’indipendenza interna, la novità del padrone, e delle leggi, governo ec. non solo non è odiata né temuta, ma spesso desiderata e preferita) non per il proprio bene, ma per l’altrui; non per il ben comune, ma di uno solo; anzi di quei soli che abborriranno piú di qualunque altro, (909) e piú assai di chi combatteranno; insomma non secondo natura né per effetto naturale, ma contro natura assolutamente. E lo stesso dite di tutte le altre conseguenze del dispotismo, sí rispetto alla guerra, come indipendentemente da essa. Cioè i popoli, sí per causa delle proprie e delle altrui armate, sí astraendo da ciò, saranno smunti, impoveriti, disanguati, privati delle loro comodità, impedita o illanguidita l’agricoltura collo strapparle i coltivatori e collo spogliarla del prodotto delle sue fatiche; inceppato e scoraggiato il commercio e l’industria collo impadronirsi che farà del loro frutto il sempre crescente dispotismo ec. ec. ec. Insomma, le nazioni, senza odiarsi come anticamente, saranno però come anticamente desolate, benché senza tumulto e senza violenza straordinaria; lo saranno dall’interno piú che dall’estero, e da questo ancora, secondo le circo-