lontà? Con un accordo generale dei principi, di tutti coloro che possono mai guerreggiare? Non ignoro che questo accordo si tentò, o si suppose che si tentasse o proponesse al Congresso di Vienna. E certo l’occasione era l’ottima che potesse mai darsi, ed altra migliore non si darà mai. So però che nulla se n’é fatto. Forse avranno conosciuta l’impossibilità, che realmente vi si oppone. Primo, qual è oggi la guarentia de’ trattati, se non la forza o l’interesse? Qual forza dunque o quale interesse vi può costringere a non cercare il vostro interesse con tutte le forze che potete? Secondo, (e questo prova piú immediatamente che, anche volendo, non si può rimediare) chi si fida di un trattato precedente in tempo di guerra? Chi non conosce quello che ho detto qui sopra nel primo luogo? e generalmente, chi non conosce la natura universale e immutabile dell’uomo? Se dunque il principe conosce tutto ciò, dunque sospetta del suo nemico; dunque, anche non volendo, è obbligato a tenersi e provvedersi in modo ch’egli sappia resistere quanto piú si può a qualunque forza che il nemico voglia impiegare per attaccarlo. Chi è colui che possa levar mille uomini e ne levi cento, non sapendo se il nemico l’assalterà (908) con cento o con mille, anzi avendo piú da creder questo che quello? E quando si fosse fatto l’accordo generale e osservatolo per lungo tempo, tanto maggiore sarebbe il vantaggio proposto a chi improvvisamente rompesse il patto; e quindi presto o tardi questo tale non mancherebbe. Ciò lo metterebbe in pieno possesso del suo nemico, e dopo un esempio solo di questa sorta ognuno diffiderebbe, nessuno vorrebbe sull’incertezza arrischiare il tutto e tutti ritornerebbero al primo costume. E ciò si deve intendere non meno in tempo di guerra che di pace, essendo sempre continuo il pericolo che i governi portano l’uno dall’altro. E ciò ancora è manifesto dal fatto, e dalle grandi forze che si tengono ora in tempo di pace,