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(862-863-864) | pensieri | 227 |
grado che non è possibile mai di confonderli con questi. E certo quel candore, quella nuda venustà de’ greci, e anche (863) (ma quanto alla sola lingua) de’ nostri trecentisti, non fu mai propria della scrittura e letteratura latina, se non forse della primitiva. E verisimilmente non la comportava il carattere della nazione romana, assai piú grave che graziosa, e quantunque naturale e semplice anch’essa (come tutte le antiche non ancora o non del tutto corrotte, e massime come tutte le nazioni libere e forti e grandi) tuttavia padrona piuttosto della natura di quello che amante e vagheggiatrice, come la nazione greca (21-24 marzo 1821).
* Come la proprietà delle parole è ben altro che la secchezza e nudità di ciascuna, cosí anche la semplicità e naturalezza e facilità della struttura di una lingua e di un discorso è ben altro che l’aridità e geometrica esattezza di esso; cosí distinguete il carattere dell’ottima e antica scrittura greca da quello della moderna e riformata francese. Cosí quello dell’ottima e antica e propria lingua e scrittura italiana sí da quello della (864) francese sí da quello dell’odierna italiana. La quale quando anche non fosse barbara per le parole, modi ec., è barbara pel geometrico, sterile, secco, esatto dell’andamento e del carattere. Barbara per questo, tanto assolutamente, quanto relativamente all’essere del tutto straniera e francese, e diversa dall’indole della nostra lingua; ben altra cosa che lo straniero de’ vocaboli o frasi, le quali ancorché straniere non sono essenzialmente inammissibili né cagione assoluta di barbarie; bensí l’indole straniera in qualunque lingua è sostanzialmente barbara e la vera cagione della barbarie di una lingua, che non può non esser barbara, quando si allontana, non dalle frasi o parole, ma dal carattere e dall’indole sua. E tanto piú barbaro è l’odierno italiano scritto, quanto il sapore italiano di certi vocaboli