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216 pensieri (841-842-843)

giore o minor grado, in proporzione che la causa è maggiore o minore. In Francia è grandissima, e non solo la detta parità di linguaggio, ma anche la effettiva popolarità e nazionalità degli scrittori e della letteratura. In Italia oggidí (che nel trecento era tutto l’opposto) la lingua scritta degli scrittori, sebbene differisca dalla parlata molto meno che fra’ latini, tuttavia differisce, credo, piú che in qualunque altro paese culto, certamente Europeo.  (842) E questo forse in parte cagiona la nessuna popolarità della nostra letteratura e l’essere gli ottimi libri nelle mani di una sola classe e destinati a lei sola, ancorché pel soggetto non abbiano a far niente con lei. Il che però deriva ancora dalla nessuna coltura e letteratura e dalla intera noncuranza degli studi anche piacevoli, che regna nelle altre classi d’Italia; noncuranza che deriva finalmente dal mancare in Italia ogni vita, ogni spirito di nazione, ogni attività, ed anche dalla nessuna libertà e quindi nessuna originalità degli scrittori ec. Queste cagioni influiscono parimente l’una sull’altra e nominatamente sulla disparità della lingua scritta e parlata, e tutte con iscambievoli effetti contribuiscono sí a tener lontano dall’Italia ogni spirito di patria, ogni vita, ogni azione; sí ad impedire ogni originalità degli scrittori; sí finalmente a mantenere la intera divisione che sussiste fra la classe letterata e le altre, fra la letteratura e la nazione italiana. Nel cinquecento, e anche durante il seicento, sebbene la lingua scritta italiana, si  (843) fosse allontanata dalla parlata molto piú che nel trecento (non però quanto oggidí), tuttavia la letteratura continuava ancora in grandissima relazione colle classi, se non volgari, certo non di professione letterata, e quindi anche passava agli stranieri. E ciò, parte perché la nazione conservava ancora un sentimento, uno spirito patrio, un’azione, una vita, e gli scrittori bastante libertà ed originalità; parte perché l’italiano che si parlava, era italiano an-