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(839-840-841) | pensieri | 215 |
guaggi cosí poco differenti, che inteso qualsivoglia de’ due, senza nessuna fatica s’intenda e si parli anche l’altro. Effetto notabilissimo, perché l’influenza degli scrittori è somma nel propagare una lingua; ma d’altra parte per mezzo degli scrittori, non può mai divenire (840) universale, se da essi non s’impara a parlarla cioè usarla; ed allora potrà esser divulgata per solo studio e ornamento, com’era una volta l’italiana: l’influenza de’ parlatori è somma, ma minore assai, se non cospira con quella degli scrittori, se per mezzo di essa non si viene a capo di mettersi in relazione col resto della nazione, colla totalità per cosí dire di essa, il che non si può fare se non per mezzo degli scrittori, e tanto piú, quanto piú questi sono divulgati intesi e letti dalla totalità della nazione e non dalla sola classe letterata. La unione di queste due influenze partorisce dunque un effetto massimo. Lo straniero di qualunque condizione, per qualunque circostanza, per qualunque inclinazione, per qualunque professione, per qualunque mezzo, per qualunque fine, abbia dovuto, abbia voluto, si sia abbattuto ad apprendere quella lingua, è padrone di tutta quanta ella è, di parlarla e intender chi la parla, di leggerla, di scriverla, di usarla comunque le aggrada, nella conversazione, nel commercio, e al tavolino; di mettersi in communicazione con tutta (841) quella nazione che la parla o scrive, e con tutti quegli stranieri che l’adoprano in qualunque modo e per qualunque motivo. Il letterato che l’ha appresa per istruirsi e per conoscere quella letteratura; il negoziante che l’ha appresa per usi di mercatura; quegli che l’ha appresa senza studio e per sola pratica o de’ nazionali, o de’ forestieri ec. ec., tutti sono appresso a poco nello stesso grado, ed hanno gli stessi vantaggi.
Questi effetti risultano dalla parità di linguaggio fra gli scrittori e la nazione, e risultano in mag-